top of page

Ruoli umani e dell'intelligenza artificiale: come definire il confine nell'era post-AI


È da un po’ che rimugino sul concetto di RUOLO quando si parla di AI. Dopotutto è la prima volta nella storia che ci troviamo a poter condividere pensieri, richieste di attività, collaborazione con un'entità 'non umana', sempre più potente: l'AI Generativa, e abbiamo bisogno di tempo per metabolizzare le nuove dinamiche che stanno nascendo.


Quando abbiamo a che fare con l'AI generativa infatti abbiamo un range di potenzialità che nessun computer, nessun gruppo di lavoro, nessuno strumento ci ha mai dato prima; e siamo ben lontani dallo scoprire cosa questa tecnologia può fare per noi.


Lo stagista AI al centro tra una persona che ha appena iniziato a lavorare ed un manager che pensa a come gestire la loro relazione. Ovvero come Midjourney vede questo post.

Il punto è arrivarci preparati rimanendo attivi lungo il viaggio che stiamo facendo.

Quindi, questo post è una (lunga) riflessione sui ruoli che potremmo dare all'AI in funzione di un minimo set di ruoli che occupiamo nella società: Studenti, Stagisti, Lavoratori, Manager. So che è un gruppo estremamente ridotto, ma ho voluto partire da quelli che ritengo essere i ruoli più impattati da questa novità.

Prendetevi un po' di tempo per leggerlo tutto, ne varrà la pena.


Le trasformazioni importanti si capiscono solo dopo

Immaginate di vivere nel tardo ‘800, quando le prime automobili facevano il loro debutto modificando per sempre il concetto di distanza. Nessuno avrebbe mai previsto la trasformazione radicale che queste macchine avrebbero portato: strade asfaltate, limiti di velocità, di età e un sistema regolamentato di trasporto che oggi diamo per scontato.

Un'evoluzione che ha richiesto decenni, errori e tragiche conseguenze prima di stabilizzarsi. Ma che è stata meglio compresa e definita solo dopo che si è fatta molta esperienza. Come è accaduto con l’arrivo delle automobili, anche con l’AI stiamo affrontando un periodo di incertezza in cui il cambiamento avanza più rapidamente della nostra capacità di comprenderlo appieno.


Il nostro compito è iniziare a normalizzarlo, definire regole e imparare a rapportarci con questa nuova realtà nel modo giusto. Ma, come è successo con le automobili, questo richiede errori, esperimenti e molto dialogo. Siamo chiamati a costruire una relazione nuova con una tecnologia che ci promette di amplificare le nostre capacità ma che solleva interrogativi importanti.


Ed è proprio qui che sorgono un paio di domande importanti, che mi sono posto più volte nei miei workshop e che credo valga la pena esplorare insieme: 

Quanto possiamo fidarci di delegare compiti importanti a una macchina? Quanto possiamo farlo oltre la nostra capacità di controllo?


Per rispondere a queste domande, è necessario riflettere su cosa significhi davvero avere l’AI come nuovo tipo di collaboratore, sia nello studio che nel lavoro, come partner attivo nelle nostre decisioni e azioni quotidiane.

Un paio di premesse importanti

Per affrontare meglio il tutto credo sia importante costruire le basi con alcune premesse, che, spero, ci aiuteranno a capire meglio come relazionarci con questo cambiamento epocale.


Premessa 1: La generazione di confine

La generazione che sta crescendo oggi ha un'opportunità unica: è l'ultima a poter confrontare un mondo pre-AI con un mondo post-AI.


I bambini che stanno affacciandosi oggi al mondo della scuola conosceranno solo il mondo post-AI e avranno nuovi punti di vista da raccontarci, trovando probabilmente le soluzioni che noi solo stiamo tratteggiando. Ma sta a noi farli arrivare a maturare e crescere imparando nel modo giusto. Potranno costruire una visione critica del futuro e contribuire a normare e migliorare le tecnologie che stanno cambiando il mondo con un punto di vista che, noi pre-AI non possiamo avere.


D’altra parte, noi pre-AI abbiamo fatto parecchi errori con le giovani generazioni affidandole a smartphone, video games e social accorgendoci solo tardi degli enormi danni causati (Se volete un po’ di consapevolezza su questo argomento vi consiglio “La generazione ansiosa” di Jonathan Haidt).

Credo che il vero obiettivo di ogni generazione non sia solo quello di lasciare un segno, ma di preparare il terreno per chi verrà dopo. E per farlo, è fondamentale che ogni individuo impari a imparare, perché in un mondo che cambia così rapidamente, la flessibilità e la curiosità contano più delle certezze.


Non possiamo più permetterci di introdurre nuove tecnologie senza pensare alle conseguenze, come già accaduto con i social e gli smartphone. Dobbiamo accompagnare chi cresce oggi nel mondo post-AI con consapevolezza e attenzione, così che possano guidare il cambiamento, anziché subirlo.


Premessa 2: Delega all’AI: strumento o pensiero?

Riflettere sul ruolo delle nuove generazioni e sulla nostra capacità di imparare ci porta a un altro tema cruciale: come e quanto delegare all’AI. Non è solo una questione di fiducia o di controllo, ma di capire cosa significa delegare in modo efficace, mantenendo al centro il nostro pensiero critico. Su questo punto, ho trovato illuminante il concetto di delega strumentale e delega cognitiva, su cui ho discusso a lungo con Stefano Quaglia, già provveditore agli studi di Verona e attualmente preside dell’istituto L. Mondin di Verona. Una persona che ha fatto dell’educazione la sua ragione di vita e che mi ha aiutato a vedere come questi due tipi di delega si applichino perfettamente al mondo dell’AI. Ne ho già parlato in Assumere un’Intelligenza Artificiale in azienda, ma credo sia importante approfondirlo qui, perché è la chiave per costruire un rapporto sano con questa tecnologia.


  • Delega strumentale: è l'uso dell'AI come strumento pratico per eseguire compiti che richiedono tempo, specializzazione, capacità di esecuzione ma non un'elaborazione cognitiva profonda nella loro preparazione. Diamo una delega ad uno strumento su attività che noi possiamo giudicare perché siamo più competenti e complessi dello strumento che usiamo.


    Nella vita reale: il classico bisturi usato dal chirurgo. Il bisturi sa tagliare bene, ma è il chirurgo a saperlo controllare nel modo corretto e che pianifica quando e come usarlo.

    Con l’AI: un assistente virtuale che organizza il nostro calendario, ci suggerisce dove migliorare il testo di un contenuto, ci propone idee nuove o trascrive appunti di una riunione. In questo caso, l’AI facilita le attività quotidiane che normalmente facciamo e noi possiamo controllarne la qualità del risultato.

Potete applicarlo a tutte le situazioni in cui ‘vi ritenete esperti’ e delegate all’AI parte dei compiti per raggiungere un vostro obiettivo, utilizzandola come uno strumento che migliora il vostro lavoro, di cui voi rimanete esperti.


Ma cosa succede quando chiedete all’AI di fare qualcosa in cui voi non siete esperti e non potete controllarne l'esecuzione o valutarne il risultato finale?

L’esempio nel mio caso, è molto semplice: non so disegnare. Quando utilizzo l’AI per produrre immagini posso solo usare il mio gusto estetico ma non valutare se tecnicamente il contenuto prodotto è corretto per il contesto a cui lo voglio applicare. (Trovate un esempio pratico della mia incapacità in questo articolo)

Con l'AI Generativa quindi posso generare immagini apparentemente spettacolari ma che, se viste da uno specialista, mostrerebbero molti limiti, magari di applicazione al contesto in cui le inserisco.

In queste situazioni vi affidate all’AI e il compito che le richiedete è di tipo cognitivo: state applicando una delega cognitiva rinunciando a parte della vostra capacità di pensiero e di controllo.


  • Delega cognitiva: si verifica quando trasferiamo le nostre capacità di decisione, pensiero critico o analisi all’esterno di noi (ad un’autorità o ad una divinità ad esempio); in sostanza quando qualcuno/qualcosa altro riceve il compito di pensare al posto nostro. O, peggio ancora, di assumersi la responsabilità di decisioni che noi avremmo potuto fare ma che abbiamo delegato.


L'AI, non serve ripeterlo troppo, inizia a svolgere processi che richiederebbero un notevole sforzo mentale umano, come analizzare dati complessi e l’AI Generativa è in grado di scrivere testi quasi perfetti o rispondere a domande articolate. La velocità e la complessità del compito, o la lontananza dalla nostra sfera di competenza a volte richiedono un giudizio che non sappiamo dare, che è fuori dalle nostre conoscenze, che richiede necessariamente che noi ci affidiamo a lei nel compito di pensare per noi.

Ad esempio smettendo di leggere attentamente testi lunghi, rischieremo di perdere la capacità di attenzione ai dettagli, di rimanere concentrati a lungo su un testo, di coglierne i punti salienti, delegando all’AI il nostro ragionamento facendole fare il riassunto. Con il rischio che diventeremo meno inclini a esercitare le nostre capacità mentali per migliorare, che ridurremo costantemente e progressivamente lo sforzo per giungere ad un risultato.

Non dico che ciò non sia utile: per me è fantastico poter creare immagini con l’AI, mi risparmia un sacco di tempo estrarre i punti salienti di un articolo e vederla all’opera nello scrivere codice, ma ci sono situazioni che, se ripetute, anziché migliorarci ci peggiorano.

Ad esempio io non riesco a delegare all’AI la scrittura, se non per piccole attività: trovo che il testo, per quanto mi sforzi di farlo assomigliare al mio, sia sempre ‘scritto da un altro’ e, quando mi metto a fare editing è come lo facessi ‘conto terzi’. Lo sforzo di comprendere cosa sia stato generato, cosa trasmetta, perché siano state usate certe parole e non altre mi ha fatto capire che, delegando all’AI la scrittura di contenuti, avrei in qualche modo perso una capacità su cui ancora ho molto da imparare.


In sintesi: finché siamo esperti nel compito che deleghiamo all’AI e comprendiamo come quell’AI funziona, possiamo mantenere il controllo e il giudizio critico, proprio come faremmo con un apprendista umano o con uno strumento. Ma quando ci spingiamo oltre la nostra area di competenza, delegandole il nostro pensiero o trattandola come un esperto in un’altra materia, rischiamo, nella migliore ipotesi, di ricevere risposte sbagliate senza rendercene conto.


Lo strumento è l'AI, non noi!

Quindi -mentre il chirurgo continuerà ad avere bisogno del bisturi- delegando il pensiero all’AI, noi potremmo smettere di sentire il bisogno di ragionare sulle azioni più pratiche e quotidiane e ridurre di molto la nostra capacità cognitiva delegandola a ‘lei’.


Anziché utilizzarla come strumento per migliorare la qualità delle nostre azioni, per imparare cose nuove, essere aperti al cambiamento e migliorare il nostro modo di comunicare rischieremmo di trovarci improvvisamente peggiori di prima.


La sbornia di AI degli ultimi anni sta causando un utilizzo spesso improprio di questo strumento secondo me proprio a partire dal fatto che le vengono assegnati ruoli che non le appartengono. Per la pigrizia di non dedicare tempo a capire limiti, funzionalità e opportunità dei diversi modelli di AI con cui ci relazioniamo rischiamo di perdere il controllo e diventare eccessivamente dipendenti senza nemmeno accorgercene. E quando i ruoli dell’AI non sono definiti si manifesta il rischio di diventare passivi, di ‘addormentarsi al volante’ e abituarsi a un’efficienza tale da non essere più in grado di svolgere quei compiti autonomamente. Rischiamo di diventare noi lo strumento.


Ho provato a fare riassumere a napkin.ai, una nuova applicazione basata su AI, i concetti visti fino ad ora. Bene ma non benissimo, lascio il diagramma così com’è, in modo che possiate valutare alcune deviazioni che ha inventato rispetto al testo fornito fino a qui. Questo diagramma è abbastanza efficace ma contiene concetti che io non ho trattato e non contiene invece rischi che ho descritto.

Ma l’AI non è solo un rischio, come abbiamo ormai compreso tutti è anche un’opportunità straordinaria. Se impariamo a usarla in modo critico, può diventare un alleato prezioso, non solo per risparmiare tempo o denaro ma per spingerci a imparare e fare cose nuove e a riflettere più a fondo su ciò che facciamo. E questo a me da sempre un sacco di speranza, specialmente per i più giovani, che possono usarla per esplorare, creare e allenare la loro curiosità anziché, banalmente, per ‘barare’ a scuola.


Il nostro ruolo con l’AI

Ritorniamo al paragone con le automobili. L'AI sta evolvendo ancora più velocemente e penetrando nella società con modalità ancora in via di studio; siamo davvero in grado di prevedere e normare il suo impatto futuro?


Forse, più che cercare risposte definitive il nostro ruolo è quello del manager che deve gestire una transizione, creando un ambiente in cui l'AI possa essere esplorata e compresa in modo responsabile. In cui possiamo continuare a darle dei ruoli chiari così da mantenere chiaro il nostro ruolo umano di coordinatore e leader decisionale. Questi cambiamenti vanno guardati negli occhi e affrontati uno per uno, fino ad evolvere con e grazie ad essi, ma sempre ricordandoci che, seppur potentissimi, sono strumenti, non persone o super-entità.


Ma quali ruoli possiamo dare all’AI?

Un esercizio che ho trovato utile in questi anni è quello di assegnare un ruolo specifico all’AI prima di iniziare una nuova attività. Definendone limiti operativi e attribuendole caratteristiche di alcune figure base umane potremmo provare ad approcciare per analogie e vedere che ruoli può avere per noi in qualità di manager, operativi, studenti (in una grande semplificazione che andrà sicuramente approfondita).


Sul lavoro: uno stagista

Nei miei workshop alle aziende mi piace portare la metafora di Ethan Mollick, uno dei più grandi interpreti di questo cambiamento, che paragona l’AI ad uno stagista. Questa metafora rende immediatamente chiaro il ruolo che l’AI può assumere nei contesti lavorativi: proprio come uno stagista umano, l’AI svolge compiti specifici (magari anche molto complessi) e ripetitivi sotto la supervisione dei lavoratori operativi e dei manager, lasciando a loro il controllo e permettendo di liberare tempo ed energie per attività più strategiche.




A scuola: un tutor o un coach.

La tentazione di usare l’AI come fosse il primo della classe, che fornisce le soluzioni, scrive i temi per noi o fa il compito esattamente come vorrebbe l’insegnante, porta dritti al dare delega cognitiva all’AI, con tutti gli effetti negativi visti sopra. Che aggiunti a quelli di social, smartphone e videogame non farebbero altro che impoverire ulteriormente le generazioni post-AI. E questo è il modo apparentemente più facile di usare l’AI per degli studenti. Se invece si assegnasse all’AI il ruolo di un tutor o di un coach, che non si sostituisce al docente o al compagno di banco ma aiuta gli studenti a imparare più velocemente, rispondendo o facendo domande, fornendo spiegazioni personalizzate, suggerimenti, motivazione e accompagnandoli nel loro percorso di apprendimento in modo mirato e supportivo, i vantaggi sarebbero enormi. Cosa intendo per tutor o coach: Il tutor è un soggetto che ne sa di più nella materia specifica e che può dare suggerimenti o porre domande che aiutino lo studente ad apprendere meglio senza fornire spiegazioni immediate o soluzioni ai problemi. Il coach è un soggetto più orientato alla persona, che non necessariamente conosce di più nella materia ma può aiutare lo studente con motivazione e consigli pratici, facendolo crescere. Per semplicità lasciatemeli rappresentare assieme:




Ma non è sufficiente…

Gli studenti hanno anche bisogno di effettuare attività operative e chi lavora ha anche bisogno di imparare, evolvere ed essere motivato. Pensate agli studenti: non dovrebbero mai delegare il loro pensiero critico all’AI, ma questo non significa che l’AI non possa supportarli anche come stagista.


L’AI può diventare uno strumento operativo per cercare informazioni, automatizzare compiti ripetitivi, migliorare la grafica di una presentazione o verificare ipotesi. Può aiutare anche nello studio, proponendo quiz personalizzati, spiegando argomenti complessi con parole diverse, o guidandoli nella creazione di mappe mentali.


Allo stesso tempo, gli studenti possono beneficiare del supporto di un tutor o coach AI, che li aiuta a consolidare concetti, mantenere alta la motivazione, e crescere in modo mirato e personalizzato.


E nel mondo del lavoro?

Anche chi lavora ha bisogno di entrambi i ruoli. L’AI può agire come stagista AI, automatizzando attività banali o ripetitive e liberando tempo per lavori strategici. Tuttavia, i lavoratori possono trarre un enorme vantaggio anche dal ruolo di tutor o coach AI, per imparare nuove procedure, approfondire conoscenze su un prodotto o una normativa, o ricevere supporto motivazionale per affrontare sfide più complesse. Chi lavora ha comunque bisogno di supporto in attività complesse da delegare. Ma la delega richiede sempre il controllo finale.


E gli stagisti umani? Non possono relazionarsi allo stagista AI perché non sarebbero in grado di verificare la bontà dell’output, ma hanno bisogno di imparare e farsi esperienza sul campo lasciando ai colleghi più esperti l’onere del controllo e dell’assunzione di responsabilità.


Quindi, come procedere?

La risposta è semplice: apriamo questi tre ruoli a tutti!

A chi lavora, serve anche un tutor o coach AI.

Per supportarli nelle attività operative ma anche aiutarli a crescere, consolidare le competenze e mantenere alta la motivazione.

Chi studia può aver bisogno anche di uno stagista AI.

Per automatizzare le attività operative senza rinunciare a un supporto nell’apprendimento e nella crescita personale e professionale.


Studiare e lavorare non sono più mondi separati. 


Siamo in un’epoca in cui non possiamo più fare affidamento solo a quello che abbiamo imparato a scuola per svolgere una professione e dovremmo, tutti, continuare a imparare e a evolvere. L’AI può diventare un alleato prezioso per affrontare questa trasformazione, indipendentemente dal nostro ruolo.


Il segreto sta nel capire quando usare l’AI per attività operative, quando per imparare e crescere, e nel mantenere sempre chiara la centralità del nostro pensiero critico. L’AI può aiutarci ad imparare a imparare.

Nessuno è indenne; non é qualcosa che solo i meno esperti dovrebbero fare. Ad esempio, in questa intervista ad Adam Brown, un celebre fisico, risulta chiaro come molti suoi colleghi di grande spessore usino gli LLM come tutor per ripassare alcuni argomenti o rimanere al passo con la ricerca.


Siamo tutti sullo stesso piano!

Studenti, stagisti, lavoratori, manager, tutti abbiamo nuove possibilità. Nel mondo pre-AI, lo studio era un’attività prevalentemente individuale o di gruppo, con il supporto occasionale di esperti. Oggi, grazie alle potenzialità dell’AI – Generativa e non – questo scenario si è arricchito di nuove possibilità, trasformando radicalmente il modo in cui affrontiamo i nostri compiti, che siano di apprendimento o di lavoro.


In realtà, quello che è cambiato non è solo il modo in cui svolgiamo i compiti, ma anche chi possiamo coinvolgere. Lo spettro delle decisioni possibili si è ampliato, portando nuovi tipi di collaboratori, sia umani che digitali, a nostra disposizione. Questo ci offre l'opportunità di integrare l’AI con le modalità tradizionali, mantenendo però chiara la nostra identità e il nostro ruolo umano.

Se definiamo un compito come qualsiasi attività di studio o di lavoro, nel mondo pre-AI potevamo scegliere tra tre grandi opzioni, tutte con altri umani:

  • Da soli: affrontare il compito in autonomia.

  • In gruppo (di pari): collaborare con altre persone.

  • Con esperti: consultare chi ha competenze specialistiche.

Oltre ovviamente all’utilizzo dei più disparati strumenti inventati nella nostra storia.


Con l’AI Generativa, che ci permette di “dialogare con un’altra entità”, si aggiungono altre possibilità, tutte digitali:

  • Tutor AI: Per imparare qualcosa di nuovo, sfruttando spiegazioni, chiarimenti e approfondimenti su misura.

  • Coach AI: Per affinare competenze, migliorare la motivazione o ricevere feedback pratici e personalizzati.

  • Stagista AI: Per delegare attività operative e ripetitive, mantenendo però sempre il controllo sul risultato finale.


Davanti a qualsiasi compito – che si tratti di un progetto scolastico, una strategia aziendale o la risoluzione di un problema complesso – possiamo ora costruire scenari che coinvolgono attivamente diversi attori, umani e digitali, in un ecosistema di collaborazione arricchito dall’AI. Questa flessibilità ci permette di abilitare riflessioni e decisioni più profonde, utilizzando linguaggio naturale e strumenti che prima non avevamo. L’immagine seguente sintetizza perfettamente questa evoluzione: un ventaglio di opzioni che, in aggiunta alle centinaia di strumenti già disponibili, ci permette di affrontare i nostri compiti in modo più consapevole ed efficace. Che siate studenti, lavoratori, manager o esploratori del sapere, l’importante è mantenere sempre la centralità del pensiero umano e saper scegliere il supporto giusto per ogni sfida. Ovvero godersi l’AI responsabilmente come mi piace ripetere!




Quindi?


Il nostro compito non è semplice, ma è necessario. Dobbiamo prepararci e preparare le nuove generazioni a un mondo sempre più influenzato dall'AI, senza perdere di vista la nostra umanità e la nostra capacità di guidare il cambiamento. Le domande che ci poniamo sono complesse, e le risposte lo saranno ancora di più.


Ma una cosa è certa: possiamo scegliere di affrontarle insieme, incoraggiando un dialogo aperto, critico e collaborativo, in cui studenti, insegnanti, manager e tecnologi lavorino fianco a fianco per definire un futuro più consapevole. Un futuro in cui l’AI sia uno strumento al servizio dell’uomo e non un sostituto di ciò che ci rende unici. Siamo con l’AI nella stessa fase in cui eravamo con le automobili alla fine dell’800: stiamo viaggiando verso un domani che nessuno può prevedere con certezza.


Ma una certezza ce l’abbiamo: la nostra capacità di imparare, osservare e adattarci rimane la nostra migliore risorsa. E forse, tutto questo è l’ennesimo l'inizio di un viaggio molto più grande di noi.


A presto! Massimiliano



TL;DR per punti:

So che ho scritto tantissimo, questo il riassunto finale per chi ha fretta 🙂

  1. Paragone con le automobili: L'AI è nella fase iniziale di una rivoluzione paragonabile a quella delle automobili, con impatti che richiedono tempo, regole e adattamento per stabilizzarsi. E che non possono essere troppo normate prima di aver accumulato esperienza.

  2. Delega all'AI: Si distinguono due tipi:

    • Delega strumentale: L'AI esegue compiti specifici sotto il controllo umano.

    • Delega cognitiva: L'AI prende decisioni in ambiti fuori dalla nostra competenza, con rischi per il pensiero critico.

  3. Rischi:

    • Perdita di capacità cognitive umane.

    • Uso superficiale o improprio che porta a dipendenza o inefficienza.

    • Affidare ruoli all’AI senza comprenderne limiti e potenzialità.

  4. Ruoli consigliati per l'AI:

    Che si sia studenti o si stia lavorando l'AI è utile sempre con questi ruoli

    • Stagista: Esegue compiti operativi e ripetitivi.

    • Tutor o coach: Supporta l'apprendimento e la crescita individuale.

      Ma non dobbiamo dimenticarci che possiamo continuare a lavorare da soli, in gruppo o affidarci ad esperti umani!

  5. Messaggio chiave: L'AI è uno strumento per migliorare le capacità umane, non un sostituto. Serve consapevolezza per sfruttarne al meglio le potenzialità senza perdere il controllo. Sia chi lavora che chi studia ha bisogno di dare diversi ruoli all’AI e riconoscerli quando la usa.

Comments


bottom of page